Il calzaturificio artigiano Aurelia
La storia del calzaturificio artigiano Aurelia di Sant’Angelo di Piove di Sacco inizia nei primi anni del Novecento attraverso l’impegno di Mosè Fontana. Dopo aver lavorato alle dipendenze di un calzaturificio di Saonara, Mosè un giorno decise che era finalmente giunto il momento di mettersi in proprio. Nacque così negli anni Cinquanta, dal sogno imprenditoriale condiviso con il fratello Giovanni, l’azienda di famiglia. Mosè era un calzolaio di “vecchio stampo”; il figlio Mario ricorda che stava per ore chino sul “deschetto” (il banchetto da lavoro), a produrre instancabilmente calzature da uomo: la sua specialità. Anche il fratello Giovanni amava il lavoro della calza- tura, ma con ideali diversi. Lui ave- va un innato spirito “commerciale” e, in sella alla sua moto Guzzi 500, si recava dai clienti e qualche volta consegnava anche le scarpe caricando voluminosi pacchi e valigie sulla motocicletta.
Mosè e Giovanni si sono sempre de- dicati alla calzatura da uomo con la “C” maiuscola, senza ripensamenti. Dalle loro mani doveva uscire un prodotto artigianale di altissima qualità, destinato a negozi qualificati. Mario, figlio di Mosè, prosegue su questa strada con grande passione. Nel corso degli anni ha incrementato il lavoro, ha aggiunto qualche macchina in più, mentre per il resto non ha cambiato quasi nulla di quel- lo che gli hanno trasmesso il papà e lo zio: scarpe rigorosamente maschi- li, identica qualità, ma soprattutto medesima mentalità. Un gioco di parole che a dirsi sembra facile, ma non è così. Nel calzaturificio artigianale della famiglia Fontana si con- servano ancora i vecchi strumenti della tradizione: si prepara il filo di lino singolo fatto con cinque capi e poi arrotolato, si custodiscono gelosamente le forme degli anni Cin- quanta – Sessanta e il banchetto da calzolaio di Mosè, “uno strumento di lavoro – racconta Mario – attorno al quale, oltre a mio padre, si sede- vano altre tre persone per portare a termine le calzature e dove, da bambino, ho iniziato anch’io a imparare i primi passi del mestiere”.
Con lo stesso rispetto in famiglia si tramandano le immagini d’epoca, i riconoscimenti, i diplomi, gli artico- li di giornali e riviste e la medaglia d’oro, vinta a Torino nel 1966 in occasione del “terzo Concorso Nazionale Oscar della Calzatura confezionata a mano” organizzato dal Centro
Accademico della Calzatura. E con grande rispetto parlano della tradizione portata avanti in famiglia da ormai tanti anni, Linda ed Enrico, figli di Mario, che assieme alla mamma Laura e circa quindici dipendenti si occupano del calzaturificio. Lin- da ed Enrico rappresentano la terza generazione, e sono molto orgogliosi della loro scelta, nonostante all’inizio avessero pensato a strade diverse: ragioneria e corsi universitari d’informatica. Al termine degli studi si sono resi conto che il mestiere della loro vita era tra le mura famigliari. Convinti della necessità di dover imparare il mestiere a 360 gradi, Linda ed Enrico hanno frequentato con profitto il Politecnico Calzaturiero di Vigonza e attualmente sono perfettamente inseriti in azienda con grande soddisfazione dei genitori. Linda si occupa dei clienti e dei modelli, gestisce i fornitori, sceglie le pelli e avvia le prime fasi produttive. Enrico invece segue la calzatura dal montaggio al finissaggio. Tutte le fasi di lavorazione sono naturalmente controllate dall’occhio esperto di Mario, allenato da anni di esperienza.
Negli scaffali del calzaturificio Aurelia si trovano pelli rare e preziose di coccodrillo, lucertola e struzzo usate per confezionare calzature importanti che raggiungono i mercati di tutto il mondo, fino al lontano Giappone. Il tutto per una produzione molto limitata: al giorno si possono realizzare anche solo cinquanta paia di scarpe cucite a mano, non di più, se si tratta di modelli complessi. Ogni calzatura richiede lunghe ore di lavoro che inizia bagnando il cuoio. (Diego Mazzetto)