Cile-Italia, ovvero “La battaglia di Santiago”

Il 2 giugno scorso è stato il cinquanten- nale della partita di calcio Cile-Italia, giocata al Mundial cileno il 2 giugno 1962 e diventata famosa in tutto il mondo come “La Battaglia di Santia- go”. Alberto Facchinetti, già collabora- tore di Business Shoes, a quella gara ha deciso di dedicare un libro. “La Batta- glia di Santiago” (118 pagine, Urbone Publishing, 12 euro). Non è la prima volta che Facchinetti si addentra nel campo della letteratura calcistica. Sol- tanto un anno fa aveva esordito con “Doriani d’Argentina”, volume nel quale raccontava la saga di tutti i calcia- tori argentini che avevano giocato nella Sampdoria. Sono passati 50 anni dalla “più stupida, raccapricciante, nause- ante e vergognosa esibizione calcistica, probabilmente dell’intera storia del cal- cio”, come la definì all’epoca il giornali- sta David Coleman (Bbc). “Un pugno che torna ad agitare la no- stra memoria ed i nostri lividi”, così il giornalista Roberto Beccantini nella prefazione del libro ha definito la se- conda pubblicazione dell’autore ve- neziano. Il libro ripercorre i fatti del match disputato a Santiago del Cile durante i Mondiali di Calcio dalla Na- zionale Azzurra contro la formazione di casa, match pressoché decisivo per le sorti dell’Italia in quella Coppa del Mondo. Come ricorda il titolo vinsero i sudamericani, ma per gli episodi di scarsa sportività registrati sul rettango- lo di gioco quella partita è passata alla storia con il soprannome di “battaglia di Santiago”. Alberto Facchinetti, rivierasco doc 30 anni, laureato presso l’Università di Pa- dova con la tesi “Il giornalismo sporti- vo. Il rapporto tra la carta stampata e le tv locali da Gianni Brera a oggi”, è 28 giornalista pubblicista e collabora con il portale www.rootshighway.it. Come è nata l’idea di questo nuovo libro? “Un anno fa, mentre presentavo Doria- ni d’Argentina ho avuto l’occasione di parlare con il cileno Rodrigo Diaz, che è il direttore del più importante festival europeo di cinema latinoamericano. Non abbiamo discusso solo di cine- ma, ma anche naturalmente di calcio. Rodrigo, che è in Italia dal 1974, mi ha raccontato quella partita in maniera totalmente diversa da come sempre l’a- vevo conosciuta. In Italia è passato alla storia che gli italiani furono picchiati per tutti i 90 minuti”. Esistono due diverse versioni, dunque. “No, tre. Perché oltre a quella cilena e a quella italiana. Esiste pure una storio- grafia inglese, perché inglese era l’arbi- tro Ken Aston. E in Inghilterra si tende invece a difendere l’operato dell’arbi- tro e soprattutto la sua carriera. Aston è quello, per intenderci, che qualche anno dopo, fermo a un semaforo ha ideato i cartellini. Il rosso per l’espulsio- ne, il giallo per l’ammonizione”. Il tuo si può considerare dunque un lavoro revisionista? “Direi di no. Perché non ho stravolto la storiografia. Ho soltanto raccontato tutte le storie che hanno ruotato attor- no a quella partita: quella dell’arbitro, quella degli allenatori che c’erano e quella di coloro che invece potevano esserci. Degli oriundi in campo quel 2 giugno, dei marcatori della gara, degli espulsi veri e di quelli che il rosso se lo sarebbero meritati. Poi un altro capito- lo è dedicato al giornalismo di allora, italiano e cileno.” Roberto Beccantini, che è uno dei ma- estri del giornalismo sportivo italiano, ha scritto nella prefazione al libro: “Al- berto ha fatto di quella partita il suo Titanic, e per investigare le cause sca- tenanti del tutti contro tutti è andato a caccia di chiunque potesse offrirgli un indizio: protagonisti, testimoni diretti e indiretti, libri, giornali. Ha scomo- dato i vivi e “disturbato” i morti. Ha ricostruito la rissa in laboratorio, non già per il gusto perverso di alterare la sequenza e vendicare torti vari ed even- tuali; semplicemente, per documentare la genesi e le tappe del finimondo”. “Roberto è stato fin troppo generoso con me. Diciamo che con le prefazioni ai miei libri sono stato fortunato. Quel- la di Doriani d’Argentina l’ha scritta il critico letterario Massimo Raffaeli, e questa volta Beccantini.” Un merito, più che una fortuna. E il tuo prossimo lavoro sarà ancora am- bientato nel mondo del calcio? “Beh, intanto mi prenderò una pausa: per la Battaglia di Santiago ho lavorato parecchio. Certo che se mi venisse una buona idea...”.
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