Tomat: "Accrescere la competitività del Made in Italy"

Udinese di nascita, Andrea Tomat si laurea nel 1983 in Economia Aziendale all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Nel 1987, a trent’anni, entra in Lotto S.p.A. e da allora lavora per il marchio leader nel mercato dello sport system italiano legandone la storia ai protagonisti della scena sportiva mondiale. Successivamente diventa Direttore Generale di Stonefly S.p.A., azienda del gruppo Lotto che produce calzature da città. Nel 2008 con un management buy-out, effettua l’acquisizione di Stonefly e ne diviene Presidente. Nel 1999, a capo di una cordata di imprenditori locali, rileva il marchio Lotto e viene nominato Presidente e Direttore Generale di Lotto Sport Italia S.p.A., società che oggi produce e distribuisce abbigliamento e calzature sportive in oltre 80 paesi nel mondo. Da sempre impegnato sul fronte associativo, dopo essere stato Vice Presidente dell’ANCI, Associazio- ne Nazionale Calzaturifici Italiani e Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Treviso, Andrea Tomat è ora Presidente della Sezione italiana della International Chamber of Commerce di Parigi, di Confindustria Veneto, della Fondazione Il Campiello e della Fondazione Nord Est. E’ anche membro del Consiglio Direttivo Nazionale di Confindustria. Presidente Tomat, in un momento come quello attuale di contrazione dell’economia e dei mercati, come vede il futuro del settore calzaturiero italiano? La situazione è molto pesante, la crisi morde e tutti i settori stanno soffrendo per la stagnazione del mercato interno e il momento critico di molti mercati europei. Sebbene nel quadro economico nazionale il Veneto abbia registrato una “perfomance” relativamente migliore, in generale stiamo fronteggiando un momento difficile. Tutto il 2012 sarà molto più impegnativo di quanto ci si potesse aspettare. L’obiettivo del settore calzaturiero, uno dei simboli del sistema moda italiano, è di mantenere e se possibile accrescere la posizione competitiva a livello mondiale. La forza dell’industria calzaturiera del Paese è la capacità di reagire e riprogettarsi, guardando al futuro ma senza perdere di vista il quotidiano e i rapidi cambiamenti del mercato e del consumatore. Oggi, come e più di prima, il settore è chiamato a guardare lontano operando scelte strategiche importanti che rispondano all’evoluzione dei profili di consumo e delle dinamiche distributive, puntando quindi sulla capacità innovativa ed organizzativa delle aziende. Le imprese di successo sono quelle che si impegneranno in scelte coraggiose, di affinamento della gamma, di innovazione stilistica, di qualità del prodotto, adottando politiche distributive e di marketing coerenti. La qualità della calzatura Made in Italy, andrà potenziata con prodotti vincenti, materiali innovativi e tec- nologie avanzate. Importanti risorse dovranno essere quindi impiegate in ricerca e sperimentazione, in tecnologie di prodotto e di processo, in nuovi modelli organizzativi. Sono questi gli elementi alla base del rinnovamento del calzaturiero, gli obiettivi, le sfide/opportunità che le aziende calzaturiere devono affron- tare e vincere. E’ opinione comune che, se fos- sero tagliati i dazi sulle calzature, l’Italia venderebbe molte più paia di scarpe nel mondo. Qual è la sua opinione in proposito? In un mercato ideale non dovrebbero esistere barriere, ma l’applicazione di un’attenta regolamentazione degli scambi commerciali. Per questo i dazi sono come le paratoie dei bacini idroelettrici: l’entrata e l’uscita dell’acqua vanno dosate per mitigare gli squilibri. E’ vero tutta- via che le calzature italiane a livello mondiale sono state fortemente penalizzate e l’industria ha sofferto del freno incomprensibile e per certi versi intollerabile di certi paesi. La diplomazia economica italiana non ha raggiunto gli obiettivi auspicati, e tuttavia, proprio per questo, non bisogna demordere. Appoggiare e facilitare le esportazioni, applicando una riduzione dei dazi in alcuni paesi chiave, rappresenta un presupposto significativo per la crescita del settore, l’occupazione e il benessere generale, nonché un fattore competitivo di importanza strategica in un momento così difficile per la nostra economia. Tra i distretti calzaturieri del panorama nazionale, la Riviera del Brenta si distingue per le calzature di alta gamma. Una realtà che si è consolidata grazie anche al crescente interesse verso questa realtà produttiva dimostrato dalle più importanti griffes mondiali. Il segmento del lusso è dunque la principale strada da percorrere per le nostre aziende artigiane? Il sistema calzaturiero della Riviera del Brenta è una delle più importan- ti realtà italiane del settore. Il nome è sinonimo di creatività, qualità, stile e artigianalità. Una produzione che si impone autorevolmente in tutti i mercati, un vero e proprio simbolo del “Made in Italy”. Pur in un contesto economico e produttivo difficile, quest’area è riuscita ad attuare un intenso sforzo per riformulare la strategia competitiva di sistema. Ha investito in formazione specialistica ed in una serie di servizi che hanno consentito a grandi artigiani di competere nel mondo e attrarre nel territorio investimenti e marchi che si impongono tuttora nella moda a livello mondiale. L’area del Brenta ha superato brillantemen- te molte difficoltà come solo poche altre aree in Italia sono riuscite a fare. Si è impegnata a coltivare creatività e competenze professionali, per giocare un ruolo decisivo nei mercati attraverso la produzione di altissima gamma. Così, come accade da centinaia d’anni, l’eleganza e la bellezza dell’entroterra veneziano e padovano si fondono nei prodotti che conquistano i mercati del mondo. I grandi marchi dell’abbigliamento che sono entrati nel settore calzaturiero hanno un giro d’affari enorme. Sono le “griffes” più importanti, che fanno produrre le loro scarpe in Ita- lia per la creatività, la competenza, la qualità. In tutto il mondo è noto che ciò che si produce da noi è il top. Per proseguire su questa strada bisogna continuare ad investire, formare il personale del futuro - stilisti, tecnici, modellisti - affinché la qualità, la capacità di seguire e anticipare i trend della moda e i gusti del consumatore restino un patrimonio indissolubile del territorio. Un esempio virtuoso dunque, quello della Riviera del Brenta, che però deve misurarsi con le problematiche legate al “cambio generazionale” di cui molto si discute. Quali sono (e saranno) secondo lei, le difficoltà maggiori da affrontare nell’impegnativo passaggio del testimone tra gli imprenditori e i loro figli? I problemi sono diversi. C’è il problema dell’imprenditorialità: del rischio e delle incombenze che la r conduzione di un’azienda anche di piccole dimensioni comporta. Mantenere alta l’attrattività verso l’attività imprenditoriale come progetto di vita non è facile in una crisi come o questa. Non lo è nemmeno se si ti deve condurre aziende di maggiori a dimensioni e in questo caso la capacità da mettere in campo è quella relativa alle alleanze e alle operazioni e sul capitale. Un altro aspetto molto e. importante riguarda la valorizzazione delle competenze artigianali, un bene prezioso che abbiamo rischiato di perdere e che non è ancora del a tutto in salvo. E’ un problema culturale. Oggi finalmente si rimette al centro un valore come l’artigianalità: la capacità manuale e quella progettuale assieme. Il passo successivo è quello di mixare queste competenze recuperate con le nuove competenze, come l’ICT ad esempio, l’uso di internet e di tutto il modo che ci ruota attorno. Come abbiamo ormai ben compreso, il mondo sta cambiando tantissimo e siamo da- vanti ad una vera e propria rivoluzione. Non ci sono ricette facili. Personalmente ritengo che dobbiamo offrire ai giovani una visione delle molte opportunità che ci sono nel mondo delle calzature. Opportunità che per essere colte richiedono molta passione, molto spirito di sacrificio, un’enorme capacità di visione, tanta determinazione per sviluppare una vera e propria rivoluzione, un rinnovamento come solo i giovani possono fare. Non esistono strade semplici né scorciatoie. Possiamo mettere a disposizione l’esperienza, le conoscenze, ma poi ci vogliono dei nuovi “animal spirits” che realizzino con coraggio quel percorso fuori dalle difficoltà che stiamo vivendo, conservando tutto il valore di conoscenze e delle competenze del passato interpretate in una nuova visione del futuro. (Diego Mazzetto)
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