Cile, economia solida grazie alla politica fiscale
Con una popolazione di appena 17
milioni di abitanti distribuiti in un
territorio che va dalla Terra del Fuoco
alle Ande, e che comprende anche
alcune isole nel Pacifico e una parte
dell’Antartide (anche se quest’ultima
non è mai stata pianamente riconosciuta
a livello internazionale), il Cile
possiede una delle economie più solide
ed evolute del Sudamerica.
Non a caso infatti la crisi internazionale
del 2008-2009 non ha avuto gli
effetti devastanti che hanno caratterizzato
altre regioni e altre economie.
L’impatto della crisi si è fatto sentire
con maggiore forza negli ultimi mesi
del 2008 e nel primo semestre del
2009, ma le conseguenze sono state
contenute soprattutto grazie alla
buona gestione della politica fiscale
degli anni passati che ha reso solida
l’economia e che ha consentito al
Cile di mettere in atto le misure necessarie
per attenuare gli effetti della
crisi. In particolare nei primi mesi
del 2009 il governo cileno ha iniziato
a utilizzare le risorse del Fondo Sovrano
di Stabilizzazione Economica
per finanziare le politiche di rilancio
economico con il duplice obiettivo
di rafforzare l’economia e di contrastare
la disoccupazione, prevedendo
l’utilizzo di 4 miliardi di dollari, pari
a circa il 20% delle risorse del Fondo
Sovrano cileno e a quasi il 3% del prodotto
interno lordo, e raggiungendo
così la quinta posizione a livello mondiale
in termini di rapporto tra risorse
stanziate e Pil.
La messa in atto di provvedimenti
così consistenti è stata resa possibile
grazie alle scrupolose e metodiche
politiche orientate al risparmio pubblico
e al contenimento della spesa
portate a termine negli anni in cui
il prezzo del rame (materia prima di
cui il Cile è ricco e della quale è sempre
stato un grande esportatore) si è
mantenuto ad alti livelli sui mercati
internazionali.
Durante il periodo di crisi economica
le autorità hanno dunque potuto
rispondere alle necessità di salvaguardia
dell’occupazione e di stabilità dei
parametri macroeconomici grazie alla
lungimiranza e al rigore finanziario
ottenuto negli anni passati per mezzo
del continuo contenimento del deficit
di bilancio, della riduzione del debito
pubblico e dell’indebitamento con
l’estero, e dell’ottima gestione della
finanzia pubblica e delle politiche fiscali.
E le stesse autorità hanno anche
potuto allentare i vincoli (autoimposti)
del rigore finanziario, annullando
in via transitoria e per il solo 2009
alcune delle proprie regole principali,
tra cui la cosiddetta “regola del surplus
fiscale strutturale”, riducendolo
dallo 0,5% allo 0%. In questo modo si
è potuto prevedere nella legge finanziaria
dello stesso 2009 un aumento
della spesa pubblica di 1,48 miliardi
di dollari, lasciando lievitare il deficit
fiscale fino al 4,5% del Pil.
Ma diamo uno sguardo ai fondamentali
dell’economia, iniziando dal prodotto
interno lordo: durante il primo
semestre 2010 (ultimo dato ufficiale
disponibile) il Pil ha registrato una
crescita del 4% rispetto allo stesso
periodo dell’anno precedente. Negli
ultimi anni la crescita dell’economia
si è mantenuta su ottimi livelli, con
la sola eccezione del 2009: nel 2007
la crescita aveva infatti superato il
5% (+5,1%), nel 2008 l’economia si
era ulteriormente espansa (+3,7%),
mentre nel 2009 la contrazione è stata
dell’1,5%, con il Pil che in valore
assoluto è tornato ai livelli del 2007.
Dall’analisi delle variazioni trimestrali
del Pil cileno si può notare che
nel primo trimestre 2010 l’economia
è aumentata dell’1,5% mentre nel secondo
trimestre ha registrato una crescita
del 6,5%: questo forte aumento
va attribuito in parte al fatto che il
confronto viene effettuato rispetto
al secondo trimestre 2009, nel quale
il Pil cileno aveva fatto registrare un
-4,5%, ma in parte anche alla spinta
dei consumi privati (e in particolare
dei beni durevoli, cresciuti del
46,9%) e al rialzo degli investimenti
(+28,6%). I settori che hanno mostrato
maggior dinamismo sono stati
elettricità, gas e acqua, commercio,
comunicazioni e trasporti, mentre seguono,
con tassi di crescita più contenuti,
settori come edilizia, agricolo e
minerario. Tra i settori che hanno invece
mostrato una contrazione vanno
segnalati l’industria e l’attività ittica.
Un andamento simile a quello del
Pil si è registrato anche per quanto
riguarda l’inflazione: dopo aumenti
dell’indice dei prezzi superiore al
7% nel biennio 2007-2008 (rispettivamente
+7,8% e +7,1%), nel 2009
i prezzi sono arretrati dell’1,7%, per
poi tornare a salire nel 2010, con
un +1,7% nel primo semestre e un
+3,8% (previsto) per l’intero anno.
Principali cause di quest’ultimo dato
sono, secondo la Banca Centrale cilena,
l’aumento dei prezzi delle bevande,
degli alcolici e del tabacco, al quale
si contrappone un calo dei prezzi
soprattutto nei settori dell’abbigliamento,
delle calzature e della sanità.
Bene anche gli altri indicatori macroeconomici,
a cominciare dal tasso
di disoccupazione, che nel 2010
è tornato poco sopra il livello del
2008 (8,5%) dopo il picco del 2009
(11,5%). Va poi citato il debito estero
che ha raggiunto 78,2 miliardi di
dollari a giugno 2010, di cui l’ 81,7%
corrisponde a debiti del settore privato,
mentre l’80% dei debiti del settore
pubblico corrisponde a debiti a lungo
termine. Sul fronte dei tassi invece, la
Banca Centrale del Cile, che aveva tagliato
in modo aggressivo il tasso ufficiale,
portandolo dall’8,25% di inizio
gennaio 2009 allo 0,5% del mese di
luglio dello stesso anno, ha iniziato
nel giugno 2010 a rialzare i tassi dopo
che gli indicatori avevano segnalato un tasso di espansione dell’economia
superiore al 7% nel maggio dello stesso
anno.
Sul fronte valutario, il rapporto di
cambio tra peso cileno e dollaro USA
ha mostrato un forte apprezzamento
della valuta cilena negli ultimi mesi,
con le autorità che non considerano
allarmante la situazione per l’export e
non prevedono interventi sul mercato
dei cambi.
Il surplus della bilancia commerciale
infine ha raggiunto i 6,91 miliardi di
dollari, con un aumento del 6,7% rispetto
allo stesso periodo del 2009: a
questo proposito va rilevato un incremento
del 30,3% delle esportazioni e
del 38,9% delle importazioni. Questi
aumenti vanno attribuiti nel primo
caso soprattutto all’incremento del
prezzo del rame sui mercati internazionali,
che è salito del 45% nel primo
semestre del 2010 rispetto allo stesso
periodo del 2009), mentre per quanto
riguarda le importazioni l’espansione
è dovuta soprattutto al settore
industriale (+54,8%), al petrolio
(+18,6%) e al settore auto (+206%).
In termini di interscambio complessivo,
la Cina si conferma come principale
partner commerciale del Cile
con 11,49 miliardi di dollari (19,7%
del totale e +47,2% rispetto allo
scorso anno. Seguono gli Stati Uniti
(+18,5% per un totale di 8,28 miliardi
di dollari), e il Giappone (4,5 miliardi
di dollari e +53%). Per quanto
riguarda le esportazioni cilene, l’Italia
occupa il settimo posto nella graduatoria
dei Paesi clienti, con un valore
complessivo di 1,06 miliardi di dollari
nel primo semestre 2010 (3,4% del
totale e +95,8% rispetto allo stesso
periodo del 2009); sul fronte dei Paesi
fornitori, l’Italia si è attestata nei
primi sei mesi del 2010 in tredicesima
posizione con un valore complessivo
dell’import pari a 461 milioni di dollari
(1,7% del totale e +34% rispetto
al primo semestre 2009). (Maurizio De Pra)