"Il nero non è mai assoluto"
Nel mondo della moda, come in
quello dell’arte, del design o in altri
direttamente o indirettamente collegati
a questi, spesso incontriamo
o sentiamo parlare di persone originali,
poliedriche, capaci, insomma
facilmente paragonabili a dei veri e
propri artisti contemporanei. Artisti
si, ma il concetto di artista oggi
qual è? Forse non esiste? O forse
esiste ma non c’è una vera e propria
definizione precisa?
Domande apparentemente futili,
ma che nascondono dietro invece
un interessante dibattito su come
vengono concepite le varie forme
d’arte ed i loro fautori al giorno
d’oggi. E’ stato questo uno dei principali
argomenti trattati durante
l’inaugurazione della mostra “Il
nero non è mai assoluto” di Roberto
Cavalli allestita a Milano in uno dei
palazzi storici più belli presenti nel
cuore del quadrilatero della moda
e diventato oggi location perfetta
d’eventi legati all’arte e al fashion:
Palazzo Morando.
“Quale miglior set di Palazzo Morando
per una mostra che fonde
moda, costume e immagine in un
unico progetto artistico. E’ un set
in cui si inseguono 3 lettere “S”:
storie, stupore, seduzione – ha dichiarato
Massimo Finazzer Flory,
Assessore alla Cultura del Comune
di Milano -. In ogni sua fotografia
vi è un timone attraverso il quale
Cavalli ha orientato le proprie
mete che qui sono prima di tutto
non luoghi fisici ma mentali”.
E’ un’immagine totalmente nuova
del designer fiorentino, quella rappresentata
in questa mostra. Non
uno stilista. Non un artista. Non un
fotografo. Forse più semplicemente
una persona che ama definirsi
“un creativo, a suo modo”, capace
di trovare la propria strada nella
moda, facendosi al contempo influenzare
da
altri mondi
ad essa collegati.
“Questa mostra
è il mio
diario, dove
non ci sono
i giorni e le
date, ma un
percorso che
testimonia
i miei anni
di vita – ha
dichiarato
Roberto Cavalli,
stilista
della griffe
omonima -.
Una piccola
parte del mio archivio fotografico, che rende
accessibile a tutti il processo creativo
che porta alle stampe dei miei
tessuti. Le mie stampe nascono sempre
dalle mie
fotografie e
dalle stampe
nascono
i miei vestiti.
L’oggetto
più comune
può far rinascere
in me
ricordi lontani
e diventare
fonte di
ispirazione
per una collezione
o
un semplice
dettaglio di
un abito. Ho
fissato nella
mia mente
e poi nella
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mia macchina fotografica quei momenti,
cose, persone. Ho guardato
un cielo nero e ho aspettato con
pazienza, per ore, che si aprisse un
varco di sole. Ecco il nero non è
mai assoluto. Dietro c’è sempre una
luce”.
Un’esposizione ricca, complessa e
variegata. Un percorso molto particolare
dove camminare equivale
alla continua scoperta di un uomo,
del quale siamo abituati a vedere il
suo lato pubblico di personaggio, e
di cui qui invece impariamo a conoscere
quel punto più sensibile
e profondo tipico della sua figura
privata.
Una maniera di raccontarsi inusuale
che avviene mediante le forme, i
colori, le fotografie, contenuti video,
immagini ed installazioni.
Palazzo Morando allestito ad hoc
per l’occasione. A volte le sue pareti
sono bianche auree con il colore
del nero che imprime le parole del
designer stampate su di esse. Altre
si ricoprono di rivestimenti in tessuto
dalle stampe animalier. Altre
ancora si riempiono di palloncini
argentati alle sommità e sotto di
colori fluo. Alcune delle sue stanze
si trasformano prima in luoghi di
proiezione, poi in video installazioni
con immagini private della vita
di Cavalli, dopo ancora appare un
immenso caleidoscopio dai colori
vivi e più impensabili. Ed infine
altre sembrano la ricostruzione di
stanze dell’abitazione privata dello
stilista con tanto di moto parcheggiata
al centro.
Ovunque però non mancano mai
gli scatti, fonte d’ispirazione, fatti
dal designer stesso. Roberto Cavalli
non si ritiene un fotografo, vuole
essere piuttosto considerato come
visionario. Attraverso il suo obbiettivo,
egli infatti cattura, manipola,
trasforma un istante di uno dei suoi
continui spostamenti nel mondo, un dettaglio della silhouette di un
fiore del suo giardino, i colori accesi
della pelle di un “personaggio” del
mondo animale, che tanto lo affascina,
lo scorrere veloce in continua
trasformazione delle nuvole dei
cieli che lui attraversa. L’immagine
che ne scaturisce non si limita
all’interno di una cornice: anch’essa
è in continua trasformazione ed
evoluzione, intrecciandosi ad un
tessuto riaffiora in un jeans, nuovamente
elaborata diventa finissimo
ricamo sulla schiena di una donna,
attraverso moderne tecnologie è
stampa che veste un ambiente.
Questa è una mostra che racconta
un percorso magico, da la possibilità
di camminare a fianco allo stilista
nel suo immaginario, di vivere
la sua ricerca di visioni, come lui è
abituato a fare.
Una mostra in movimento, in continua
elaborazione: condividere l’obbiettivo
della macchina fotografica,
trasformarlo in un iridescente caleidoscopio
dove migliaia di immagini
continuamente ne compongono
ancora altre, in un processo ogni
volta diverso e infinito. Proiezioni,
rifrazioni di luci e colori, specchi di
architetture immaginarie, ricerca
di altri universi. Un labirinto come
gioco, la stanza dei balocchi, centinaia
di bolle cangianti deformano
con ironia la realtà. Un modo differente
di “guardare”.
E se volete imparare a vedere con
gli occhi di chi “guarda oltre” la
semplice apparenza e prova a scoprire
cosa può esserci dietro, questa
sera provate a guardare il cielo fuori
dalla finestra di casa vostra, fatevi
inebriare dal buio della notte,
lasciatevi invaghire dal suo fascino
e poi aspettate, osservate ed infine
domandatevi se il nero che state
vedendo è davvero assoluto. Oppure
se, come pensa Cavallli, dietro
esso c’è effettivamente sempre una
luce. (Erica Trincanato)