Russia, dove la ripresa è parziale
Il gigante russo, ricco di risorse naturali
e con un tessuto industriale forte
anche se in fase di modernizzazione,
non è uscito benissimo dalla crisi che
è nata nel mercato creditizio e poi si
è diffusa a livello globale investendo
la maggior parte dei comparti delle
economie. La crisi finanziaria internazionale
ha avuto un effetto pesante
anche sull’economia russa, che ha
patito le conseguenze e gli effetti sia
dei fattori esterni che hanno colpito
tutte le economie del mondo (crisi
generale della fiducia, debolezza del
mercato del credito, calo della domanda
e dei consumi, consistente
flessione dei mercati finanziari, ecc.)
sia dei problemi strutturali interni
rimasti irrisolti nonostante il lungo
processo di crescita sperimentato
nel decennio 1999-2008.
In un Paese per molti versi considerato
ancora emergente, le attese
erano di una disgregazione del
poco trasparente e frantumato sistema
bancario, in cui operano più
di 1.000 istituti bancari ma dove
circa i due terzi del mercato è costituito
dalle prime 10 banche. Invece
nel complesso ha retto bene, con le
banche che, salvo particolari eccezioni
comunque in linea con quanto
successo agli istituti di credito di
altri Paesi, sono riuscite a superare il
momento peggiore della crisi senza
particolari problemi.
Al momento la ripresa è parziale e
limitata, ma va anche detto che è
diventata evidente soprattutto negli
ultimi mesi. Il Pil in termini reali ha
chiuso il 2009 con una flessione del
7,9% rispetto al 2008 (attestandosi
a 1.297 miliardi di dollari rispetto ai
1.414 miliardi dell’anno precedente),
e in sostanza la Russia è tornata
al livello del 2007, quando il Pil era
stato di 1.345 miliardi di dollari.
La flessione del Pil nel 2009 è risultata
meno negativa rispetto a quanto
inizialmente ipotizzato dalle Autorità
Russe, che prevedevano una
contrazione dell’economia intorno
all’8,5%, ma rimane comunque uno
dei cali più significativi a livello
mondiale. Le cause di un ribasso
così consistente del prodotto interno
lordo della Russia va cercato nei
ben noti problemi dell’economia
russa. Da anni l’economia russa mostra
una grande debolezza legata alla
forte dipendenza dalle quotazioni
delle materie prime (soprattutto gas
naturale e petrolio) di cui è un grande
esportatore; e non è un caso che
la leggera ripresa dell’ultimo semestre
sia stata legata a un incremento
delle quotazioni del petrolio e degli
idrocarburi. Ma ci sono anche altri fattori che hanno giocato un ruolo
significativo nell’amplificare gli effetti
negativi della crisi internazionale
in Russia, tra cui ricordiamo la
ciclica fragilità del sistema finanziario,
un alto livello di corruzione, un
forte squilibrio nella distribuzione
del reddito tra le fasce sociali e un
eccessivo indebitamento estero delle
imprese private e pubbliche.
La produzione industriale ha fatto
registrare nel 2009 un calo complessivo
del 10,8%; il settore estrattivo
ha mostrato una sostanziale tenuta
(-1,2%), mentre il settore manifatturiero
ha evidenziato un vero e
proprio crollo, calando del 16% rispetto
all’anno precedente a causa
della contrazione della produzione
dei mezzi di trasporto (-38%), degli
impianti e macchinari (-28,4%), del
settore della lavorazione del legno
e dei prodotti del legno (-17,7%) e
dell’industria delle gomme e delle
materie plastiche (-12,2%).
Ma vediamo brevemente anche gli
altri fondamentali dell’economia
russa: il tasso di disoccupazione è
passato dal 7,7% del 2008 all’8,2%
del 2009, mentre il tasso di inflazione
è tornato sotto le due cifre
percentuali passando dal 13,3% del
2008 all’8,8% del 2009, spinto soprattutto
dal calo della propensione
al consumo. Per quanto riguarda il
sistema finanziario, ci sono stime di
ripresa del credito, anche se la stagnazione
del mercato è ancora in atto:
la Banca Centrale si aspetta infatti
per il 2010 una crescita dell’11,4%
dei crediti destinati alle imprese, che
potrebbe contribuire al rilancio degli
investimenti (nel 2009 la performance
degli investimenti fissi è stata
molto negativa, con un netto -17%);
sul fronte dei capitali esteri la stessa
Banca Centrale prevede invece per il
2010 un piccolo afflusso netto (più
o meno di 10 miliardi di dollari).
Infine il Governo prevede per il 2010
un deficit del bilancio federale del
7,2% del Pil, e nonostante il ricorso
già previsto all’emissione di titoli di
Stato, l’indebitamento complessivo
della Federazione Russa dovrebbe
rimanere contenuto, attestandosi a
meno del 13% del Pil alla fine del
2010. Questo dato tuttavia non include
l’indebitamento delle imprese
statali (come per esempio Gazprom
e Sberbank), pertanto risulta sicuramente
sottostimato.
In definitiva la contrazione della
produzione unita alla crescente disoccupazione
e a una politica del credito
molto selettiva hanno depresso
la domanda aggregata, sostenuta nel
2009 praticamente dalla sola spesa
pubblica (comunque in calo), iniziando
così un circolo vizioso. L’unica
buona notizia di questa dinamica
negativa è che tutti i fattori di cui
abbiamo appena parlato hanno inciso
positivamente sull’andamento
dell’inflazione, che come abbiamo già accennato è scesa per la prima
volta in un decennio sotto le due cifre,
attestandosi all’8,8% nel 2009.
Per quanto riguarda i rapporti con
l’estero, nel corso degli anni la Russia
si è aperta al commercio internazionale
e agli investimenti esteri soprattutto
(ma non solo) nel settore
energetico e delle materie prime; e a
questo proposito non va dimenticato
che la Russia è il principale esportatore
a livello mondiale di gas e di
petrolio.
L’interscambio commerciale russo
con il resto del mondo ha mostrato
nel 2009 una flessione del 36,2% rispetto
al 2008. Le esportazioni sono
state pari a 301,6 miliardi di dollari
(di cui circa 255 miliardi verso i paesi
extra CSI), mentre le importazioni
si sono attestate a 167,4 miliardi
di dollari (di cui 145,6 miliardi di
dollari verso i paesi extra CSI). Il
calo dell’export è stato complessivamente
del 35,5%, mentre la flessione
dell’import è stata del 37,3%.
Con un giro d’affari di circa 25 miliardi
di dollari, nel 2009 l’Italia è
risultato il secondo Paese cliente
dopo i Paesi Bassi e prima di Germania,
Cina, Turchia e Polonia; i principali
prodotti importati in Italia
dalla Russia riguardano i prodotti
dell’estrazione di minerali da cave
e miniere, metalli di base e prodotti
in metallo, e prodotti petroliferi
raffinati.
Sul fronte delle importazioni
dall’estero verso la Russia, l’Italia è
il sesto fornitore con 7,9 miliardi di
dollari, dopo Cina, Germania, Ucraina,
Stati Uniti, e Francia. Tra i principali
prodotti importati dall’Italia
figurano macchinari ed apparecchi,
prodotti tessili e dell’abbigliamento,
prodotti del settore manifatturiero e
articoli in pelle. Vanno infine segnalate
le significative contrazioni nei
settori dell’abbigliamento (-33,5%)
, dei mobili (-33,6%) e delle calzature
(-35,2%) nel corso del 2009. (Maurizio De Pra)