A tavola tra dogi e imperatori
Scriveva Carlo Goldoni nelle sue Memorie: “Nelle ville sulle rive del Brenta il lusso dispiega tutto il suo fasto ed è proprio in villa che si tiene gioco grosso, tavola aperta e si danno balli e spettacoli”. Il fasto delle tavole dei patrizi veneziani rivive oggi nella restaurata Sala da pranzo del Museo Nazionale di villa Pisani a Stra, raro esempio di dimora storica che annovera ancora tra le sue collezioni non solo i pezzi di mobilio, ma addirittura gli arredi da tavola originali. L’iniziativa ha visto impegnata la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso nelle persone del Soprintendente Andrea Alberti, del Direttore del Museo Giuseppe Rallo e del Conservatore delle Collezioni Ileana Della Puppa. La ricerca storica e archivistica è stata svolta da Francesca Marcellan dell’ufficio Servizi Educativi e Valorizzazione del Museo.
I lavori di restauro sono stati sponsorizzati dal Venetian Heritage Inc. e dall’UNESCO con la partecipazione, in veste di donatori, di Chiarastella Cattana (per la realizzazione della tovaglia), di CESA 1882 (per la posateria in argento, incisa con l’iniziale di Napoleone), di Toto Bergamo Rossi (per il restauro dei candelieri Impero), di Rubelli (per la fornitura di tessuti per tende e sedie), della vetreria artistica Archimede Seguso (per il rifacimento della coppa vitrea del lampadario). La fragile bellezza di maioliche, vetri e porcellane è miracolosamente giunta fino a noi dopo secoli di vicissitudini storiche e cambi di proprietà della grandiosa villa sul Brenta, così che oggi possiamo ammirare i preziosi pezzi che ornavano la tavola dei Pisani, di Napoleone e degli Asburgo. Sulle splendide piattaie e sulle credenze rococò sono esposti più di quaranta pezzi in cui si può ammirare tutta la grazia dell’arte ceramica che nel Settecento conobbe nella Repubblica di Venezia una straordinaria fioritura, tanto da fare concorrenza alle grandi manifatture estere. Se le porcellane di Geminiano Cozzi sono degnamente rappresentate da alcuni piatti della serie con decoro a bersò, la manifattura Antonibon di Nove è presente sia con i suoi decori tradizionali (dal variopinto blanser al sobrio monocromo blu dell’occhio di bue), sia con numerosi pezzi dal decoro originalissimo, che dovette essere espressamente creato per la famiglia patrizia Pisani, come un piatto da cacciagione in cui il consueto motivo della frutta barocca è impreziosito da un cervo o un bacile lavamani in cui sempre alla frutta si associa uno splendido fiore dai petali gialli e blu. Alla coeva arte vetraria muranese si deve invece una serie di splendide compostiere dalla deliziosa presa a frutto policroma. Sulle credenze settecentesche sono poi collocate due grandi gelatiere a forma di anfora che al loro interno ospitano delle cavità in cui veniva posto del ghiaccio con lo scopo di mantenere ben freschi sorbetti e gelati. Il duplice volto della dimora (nata sotto il segno della veneziana esuberanza rococò per essere poi in parte convertita al raffinato gusto neoclassico del viceré d’Italia Eugenio de Beauharnais), si rivela nell’apparecchiatura tutta ottocentesca della tavola, con bicchieri e bottiglie Impero in cristallo molato e inciso e un servizio di porcellana dal delicato e minuto decoro a fiordalisi della prestigiosa manifattura parigina Darte aìnè, che riforniva la corona francese e della cui raffinata produzione restano pochissimi esemplari. Il servizio, che conta ben 218 pezzi, è il più ampio oggi conservato in un museo. Eccezionale infine la presenza dell’imponente centrotavola in alabastro, in cui otto menadi danzano intorno al tempio di Bacco. Effimera moda dell’età napoleonica, questi centrotavola difficilmente si vedono oggi nella loro completezza, a causa del loro carattere composito che ne ha facilitato la dispersione nel corso del tempo. Anche in questo caso, però, Villa Pisani si è dimostrata uno scrigno che ha saputo conservare attraverso i secoli tante preziose opere d’arte, oggi restituite al pubblico in tutta la loro bellezza. (Diego Mazzetto)