Eleganza e fascino sulle passerelle milanesi
Eppure le immagini delle passerelle di Londra mi avevano in qualche modo preparata. Avevo anche dato una sbirciata a quella di New York e mi ero perfino immaginata quelle successive di Parigi... ma nemmeno questa stagione c’è stato niente da fare: quand’è la volta di Milano io divento euforica come una bambina!
Sono sei anni che seguo le sfilate qui e all’estero, ma l’emozione è sempre paragonabile alla prima volta! Si come con i grandi amori! E forse quello che ho io nei confronti della moda è proprio una grande passione senza fine, che anzi si rafforza collezione dopo collezione!
D’altronde la differenza è sostanziale: durante la settimana della moda meneghina vengono presentate le creazioni per la primavera/estate 2010 targati Made in Italy! E di Made in Italy ce n’è solo uno per fortuna! Ma se volessimo fare i pignoli, potremmo dire che di influenze italiane se ne riscontrano un po’ ovunque nella moda, soprattutto perché gli stilisti a capo della direzione creativa della maggior parte delle maison estere, sono tutti italiani!!! Oh grande orgoglio patriottico!
Abbandonando qualsiasi attaccamento alla nazione e tornando ad essere imparziali, possiamo affermare in tutta tranquillità che la fashion week milanese (quindi il prèt-a-portèr) è sicuramente uno degli appuntamenti più attesi a livello internazionale. Lo confermano i numeri: oltre 10.000 gli operatori del settore, tra buyer e guest, giunti in città per assistere alla kermesse e più di 1.500 i giornalisti presenti, di cui più della metà provenienti da una quarantina di paesi stranieri.
Andando nello specifico degli eventi abbiamo avuto: 210 collezioni presentate; 97 sfilate per 89 marchi; 93 presentazioni-evento e 42 presentazioni su appuntamento negli showroom. Otto giorni insomma molto intensi, da mercoledì 23 settembre a mercoledì 30, ed un’unica location di riferimento: il Fashion Center in via Gattamelata n.5. A fare da contorno anche altre location, scelte dagli stilisti più affermati, magari già facenti parte dei loro head-quarter. Anche se
quest’ultima scelta è stata fatta in percentuale minore rispetto agli altri anni, indice questo che porta ad una riflessione generale che ha visto stilisti e case di moda puntare meno sull’immagine e più sulla qualità delle collezioni, della serie “Di questi tempi meglio tralasciare l’apparenza e badare di più alla sostanza!”.
Come da tradizione il marchio del gruppo Miroglio, Elena Mirò, ha fatto da apripista con le sue ormai note modelle dalle linee morbide, mai come quest’anno protagoniste di un tema così d’attuale importanza. Per questa edizione infatti Camera Nazionale della Moda Italiana ha deciso di “multare”, nel vero senso della parola, gli stilisti che facevano sfilare ragazze troppo magre e dall’aspetto chiaramente malsano.
A tal proposito c’è stata anche una conferenza stampa durante la quale sono emerse diverse problematiche legate a questo tema. “Devo dire che a febbraio le modelle dall’aspetto malsano erano davvero troppe… - ha dichiarato Mario Boselli, presidente CNMI – ecco perché abbiamo deciso di prendere dei provvedimenti seri come la formula della multa e durante questa settimana il numero di modelle “in carne” era sicuramente maggiore di quelle un po’ più magre. Segno che questa iniziativa può essere il principio di una soluzione a breve termine. Questo è quello che ovviamente spero e mi auguro”.
Maria Luisa Trussardi ha aggiunto: “La moda è una canale di comunicazione e se utilizzato in maniera errata, può dare messaggi negativi. Non certo perché la moda sia negativa in sé, bensì per via degli stilisti che scelgono certi tipi di canoni estetici per le loro modelle e che danno un’immagine della donna assolutamente distorta. Sicuramente, chi subisce questi concetti malsani sono persone già con problemi di tipo alimentare, ma non è ridotto solo a queste. Soprattutto perché le giovani di oggi sono bombardate da immagini di media ogni minuto del giorno e nel momento in cui queste non hanno alcun problema, si rischia purtroppo di creare comunque in loro dei complessi prima inesistenti. La soluzione? Io proporrei di non passare ai media i video di sfilata con modelle troppo magre se non addirittura anoressiche, evitando così la propagazione di modelli fisici del tutto distorti ed inesistenti nella realtà quotidiana”.
I costumi firmati Pin Up Stars, Miss Bikini Luxe e Parah Noir, insieme a Luciano Soprani, Seduzioni Diamonds by Valeria Marini, Prima Classe Alviero Martini e Lorenzo Riva, hanno scelto di sfilare sempre il primo giorno. E durante lo stesso, grande rilievo ai giovani designer del progetto Fashion Incubator tra cui A-Lab Milano, Cristiano Burani, Cristina Miraldi, Mauro Gasperi e Paolo Errico. Spazio ai giovani anche nel corso del secondo giorno con le sfilate degli New Up Coming Designers del progetto N-UDE con Chicca Lualdi Bee-Queen
e Gilda Giambra.
A seguire Enrico Coveri, Les Copains, Blu.Girl, Antonio Marras, Just Cavalli, Giorgio Armani, Krizia, Moschino Cheap&Chic, Prada, Daniela Gregis, Albino, C’N’C’ Costume National. Per quanto riguarda Byblos, Blumarine, Sportmax, Ermanno Scervino, Alberta Ferretti, Gianfranco Ferrè, Luisa Beccaria, Haute, Versace, Jil Sander e Gabriele Colangelo hanno optato per venerdì. Di sabato hanno sfilato Bottega Veneta, Paola Frani, Max Mara, Roberto Cavalli, Emporio
Armani, Love Sex Money, Iceberg, Moschino, Gucci, Brioni, Pucci, Francesco Scognamiglio e Marco De Vincenzo. Domenica è stata la volta di Marni, John Richmond, Etro, Missoni, Salvatore Ferragamo, Aquilano Rimondi, Gaetano Navarra, Ter et Bantine, Jo No Fui e Roberto Musso. Scelta di inizio settimana invece per Dsquared2, Rocco Barocco, Frankie Morello, Mariella Burani, Laura Biagiotti,
Angelo Marani e Fisico. Per tanti la settimana della moda era terminata e con la vicinanza di Parigi molti sono partiti. Ma tanti altri sono intelligentemente rimasti e devo dire che hanno fatto bene. Ne è valsa davvero la pena, oltre che per Mila Schon e Federico Sangalli, soprattutto perché l’ultimo giorno è stato dedicato ai giovani talenti emergenti provenienti dall’estero: i New Up Coming Designers N-UDE pakistani Perwani, Riz-Wan-Beyg; quelli russi Masha Kravtova
e Elena Karnahova; quelli indiani Atsu e Azara ed infine la sfilata colombiana
di “Vita senza droga” con Isabel Henao, Real Daccarett e Beatriz Camacho.
“La sorpresa positiva è che questa settimana è andata molto bene nonostante alcuni timori alla vigilia – ha concluso Mario Boselli, Presidente CNMI-, legati alla situazione economica generale. Ciò sicuramente grazie alla bravura consolidata dei nostri stilisti che in questo momento difficile hanno investito a tutto campo oltre che nelle collezioni anche nelle modalità di presentazione. Un’importante conferma inoltre è arrivata sia dai giovani Incubatori della moda
sia da alcuni designers stranieri che hanno consentito di chiudere la manifestazione in un clima positivo”.
Chi ho preferito in assoluto tra i big sono stati Fendi e Max Mara per la pulizia, la semplicità, l’eleganza e l’estrema femminilità. Ho adorato Missoni e Gabriele Colangelo per la ricerca nei tessuti e l’essenzialità dei drappeggi: leggeri e geometrici ma capaci di delineare il mood di un abito. E poi c’è stato il mio grande amore per Moschino Chieap&Chic come sempre scherzoso, allegro… in una parola geniale! Mi sono piaciute molto anche le sfilate dei Fashion Incubator che devo dire ho trovato molto più innovative e ricche di novità rispetto ad alcune dei grandi. Qualcuno potrebbe gridare al sacrilegio per un’affermazione del genere? Non credo! Anche perché non sono l’unica ad essersene accorta. Molto entusiasmo e voglia di primeggiare tra gli emergenti, molto più rigore e tranquillità tra gli stilisti più affermati.
Sarà mica perché ormai non è rimasto più nulla da inventare? Ecco quindi spiegato perché sono sempre più frequenti le reinterpretazioni in chiave contemporanea di capi cult del passato? Davvero la creatività nella moda si è fermata? O è solo l’impressione di un periodo particolarmente delicato che si riflette anche in questo settore? Fatto sta che il mood sulle passerelle viene sussurrato, quasi a voler passare in secondo piano per non disturbare.
Quasi a voler dimostrare che la moda ha preso coscienza di cosa sta accadendo nel mondo e cerca quindi con rispetto di adeguarsi.
Noi ci auguriamo che questo possa essere vero. Perché? Beh perché se l’importanza dell’immagine venisse messa da parte per un attimo, in un mondo dove l’apparenza ha significato tutto fino ad oggi, forse ogni uno di noi potrebbe andare più nel profondo delle cose e nello specifico del fashion system. Quindi, significherebbe andare oltre ciò che vediamo, per arrivare a ciò che possiamo sentire. Un messaggio forse troppo utopico? No non penso.
Anche perché se è vero che la moda è un modo per esprimere noi stessi, forse è un concetto che ci riguarda molto più da vicino rispetto a quello che pensiamo. E non sia mai che con una presa coscienza generale di noi tutti, si abbia un miglioramento del to be myself ed una ripresa dell’intero sistema moda. (Erica Trincanato)