Anci: "Ordini in calo, ma voglia di lottare"
La crisi continua a colpire l’industria
calzaturiera italiana, ma nessun tracollo
in vista. Da gennaio ad aprile
di quest’anno gli ordini sono calati
calo del 7,4%, mentre la produzione
è scesa del 12% in quantità e del 10%
in valore. Lo affermano i dati congiunturali
dell’Associazione nazionale
calzaturifici italiani (Anci), presentati
durante l’assemblea annuale,
che si è tenuta a Milano. Dall’indagine
effettuata emerge che “solo
un’impresa su sei vede già segnali di
ripresa e che nessuno dei principali
mercati fornisce un’indicazione evidente
di inversione di tendenza”.
Il settore, che esporta l’80% della
propria produzione complessiva, ha
ovviamente subìto le ripercussioni
della crisi, ma ha saputo reagire
meglio di altri comparti soprattutto
per effetto dell’azione di ristrutturazione
avviata nella prima metà del
decennio. Nel primo quadrimestre
sono soprattutto in calo gli ordini
dall’estero (-9,1%) a quota 1,27
miliardi di euro, mentre sul mercato
interno la discesa è del 5,3%. Nel
corso del 2008 le migliori performance
sono state quelle registrate
sui mercati di Spagna, Svizzera, Grecia,
paesi dell’Est Europa e della Csi
e Russia, con una sostanziale tenuta
della Francia. Perdite significative
in Germania (-10%), Regno Unito
e Usa (-18%).
“Nei primi mesi del 2009 i toni della
crisi si sono accentuati - commenta
il presidente dell’Anci, Vito Artioli
- ma nella moda sono soprattutto i
settori a monte della filiera a soffrire
di più e quindi le calzature risultano
meno penalizzate di altri comparti,
ma per uscire da questa situazione
servirà ancora tempo”.
Una strada è stata individuata nel
rinnovo dell’accordo tra Anci, Istituto
per il commercio estero (Ice)
e ministero per lo Sviluppo economico
per la promozione del made
in Italy all’estero e il sostegno alle
esportazioni, progetto per il quale
il ministero ha stanziato 3,5 milioni
di euro. Uno dei mercati su
cui puntare maggiormente è quello
Mediorientale, regione in cui il
settore calzaturiero italiano deve
far leva sulla qualità. Qui, secondo
le previsioni del Fondo monetario
internazionale, il Pil nel 2009
dovrebbe crescere con un tasso del
2,5%, accelerando al +3,5% nei
prossimi dodici mesi.
Nel 2008 l’export verso il Near East
ha messo in moto un giro d’affari
superiore ai 180 milioni di euro,
in crescita del 13% su base annua.
I soli Emirati Arabi Uniti hanno trasferito nelle casse nazionali 73
milioni (+18% rispetto al valore
del 2007). Il piccolo Stato a sudest
della Penisola araba rappresenta
attualmente il primo mercato di
riferimento dell’area, come segnala
un’analisi di www.trendcalzaturiero.
it. Un ruolo che a inizio anni
Novanta era appannaggio dell’Arabia
Saudita, in grado oggi di sviluppare
un fatturato (23 milioni
di euro) pari a un terzo scarso di
quello generato da Abu Dhabi.
Con il 40% di quota attuale, in rapporto
al giro d’affari complessivo
legato all’export di scarpe italiane
in Medio Oriente, gli Emirati Arabi
Uniti hanno raddoppiato la loro
incidenza nell’arco di un solo decennio.
E gli sviluppi 2009 confermano
il ruolo propulsivo del ricco
Stato del Golfo Persico, con l’export
di calzature made in Italy che
nel primo bimestre è cresciuto a un
tasso annuo del 10%. A sostenere
il settore, negli ultimi dodici mesi,
hanno contribuito anche l’Arabia
Saudita e Israele, Paesi in cui le imprese
italiane hanno incrementato
le vendite rispettivamente del 7 e
di quasi l’11 per cento.
Bilancio positivo, nel 2008, anche
in Libano (+25%) e Qatar
(+10,5%), dove l’export di scarpe
tricolore sta continuando, quest’anno,
a crescere a tassi a doppia cifra.
In Siria il valore delle esportazioni
è più che raddoppiato tra il 2007 e
il 2008, facendo segnare nel primo
bimestre di quest’anno una progressione
di quasi il 40%. Segno meno
invece in Kuwait, dove il 2008 ha
chiuso con una riduzione del fatturato
di quasi il 5%.
“Nella nostra sfida continua con
il mercato, a maggior ragione in
questo momento dobbiamo riproporci
di guardare avanti, non al
risultato immediato e al piccolo
cabottaggio - prosegue il presidente
Anci - Ma ad un orizzonte
più lontano. Abbiamo però bisogno
di non essere lasciati soli
dalle istituzioni. Per questo motivo
abbiamo fin da subito dato
il nostro contributo e appoggiato
Confindustria nelle due battaglie
fondamentali concernenti il sostegno
al credito per le PMI e il
rafforzamento degli ammortizzatori
sociali. Per questo, con tutte
le sigle sindacali e associazioni
industriali ed artigianali del comparto
moda abbiamo realizzato il
Tavolo Settoriale Moda coordinato
dal Ministro Scajola. E’ grazie
a questo lavoro che, come primo
risultato, abbiamo ottenuto il
riconoscimento delle spese per
l’innovazione di prodotto e delle
collezioni ammesse ad un credito
di imposta, assicurando pari dignità
all’innovazione di prodotto
rispetto alle innovazioni di processo
e tecnologica”.