Antonio Lazzarin: una vita per salvare le opere d'arte
Ci sono persone che, dalla sorte, hanno ricevuto un talento particolare. Una di queste è il prof. Antonio Lazzarin di Padova: una vita spesa per restaurare e salvare i capolavori degli artisti del passato. Tra le sue mani sono passate opere straordinarie di maestri che al solo nominarli c’è da rimanere impressionati: Tiziano, Tintoretto, Giovanni Bellini, Paolo Veronese, Giambattista Tiepolo e molti altri che non possono certo essere definiti “minori”. Ma com’è iniziata la straordinaria carriera di questo “nonno” di quasi 94 anni che ancora si emoziona di fronte alle opere d’arte? Nato a Candiana in provincia di Padova il 16 febbraio 1915, egli ha frequentato l’Istituto d’arte di Venezia conseguendo, nel 1938, il Diploma di abilitazione. Negli anni 1939-40 ha partecipato a corsi di figura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e durante gli anni di studio si è avvicinato alle tecniche di restauro delle opere antiche. Nel 1943 la Soprintendenza alle Gallerie di Venezia decise di affidargli il restauro di una tavola trecentesca conservata nella chiesa di San Samuele a Venezia. Da quel momento, Antonio Lazzarin scopre nel restauro una vera e propria vocazione e inizia a lavorare ininterrottamente per la Soprintendenza, Musei e privati.
Lunga e di grande importanza la sua attività nel campo del restauro. Nel 1946 interviene sui grandi teleri del Santuario del Carmine a Padova e nel 1949 sulle opere esposte alla mostra del ‘700 veneziano a Losanna. In quegli anni scopre una pala del Rubens e un dipinto di Girolamo da Treviso nella parrocchiale di Balduina in provincia di Padova. Nel 1952 è incaricato ai restauri per la mostra dello Schiavone e del Marescalco a Belluno; per la mostra dei Vecellio sempre a Belluno e, nel 1957, al ciclo dei teleri (soffitto e pareti) nella chiesa di San Giuliano a Venezia. Negli anni ‘60 del Novecento, Antonio Lazzarin si occupa della trasposizione del colore e restauro dell’icona della Madonna della Salute, a Venezia.
Dopo l’intervento su opere destinate alla mostra di Nicola Grassi a Udine, nel 1963 opera la trasposizione del colore e restauro della pala “Sacra Conversazione” di G. B. Cima da Conegliano conservata nel Duomo di Conegliano. Nel 1965 Lazzarin è chiamato al restauro del “Miracolo dello Schiavo” di Jacopo Tintoretto (Gallerie dell’Accademia); dei grandi teleri dello stesso maestro conservati nella chiesa della Madonna dell’Orto e, nel 1968, inizia il laborioso restauro dei 58 teleri sempre del Tintoretto della Scuola di San Rocco a Venezia. Contemporaneamente al restauro dei capolavori di San Rocco, Antonio Lazzarin inizia un delicato intervento (che comporta finalmente la vittoria sul tarlo fino ad allora infestante), sul grande capolavoro di Tiziano ai Frari: la celebre pala “dell’Assunta”.
Grazie agli straordinari risultati ottenuti da questo restauro (e a quello della pala Pesaro sempre di Tiziano nella chiesa dei Frari), Lazzarin riceve dalla Presidenza dell’Accademia Patavina di Scienze, Lettere e Arti, l’onore di entrare a far parte come membro e socio corrispondente. In concomitanza al restauro dell’Assunta, Antonio Lazzarin è chiamato ad intervenire sull’Ultima Cena di Paolo Veronese; tela conservata al Santuario di Monte Berico (Vicenza). Nel 1975 termina il restauro del ciclo del Tintoretto a San Rocco e procede al restauro della pala di Giovanni Bellini nella chiesa veneziana di San Zaccaria. Nel 1979 inizia il complesso intervento sulla Madonna Nicopeia della Basilica di San Marco a Venezia, danneggiata e resa rovinosa dal colpo di martello sferrato dai banditi al fine di rubarne i preziosi gioielli.
E si potrebbe continuare ancora con pagine su pagine, nell’elencare la straordinaria carriera di Lazzarin, parlando di opere del Semitecolo, di Tiziano, Palma il Vecchio, G. B. Tiepolo, Lazzaro Bastiani e di molti altri artisti di primo piano, portate dalle sue abili mani ai colori e allo splendore originali. Ma c’è un aspetto sulla persona che vorrei sottolineare alla conclusione di questo articolo. Nell’autunno scorso, gli “Amici dei Giardini Storici della Riviera del Brenta”, appassionati cultori di storia locale, hanno voluto invitare il prof. Lazzarin, insieme al figlio Francesco (anche lui noto restauratore), a commentare il “Trittico del Catarino” a Cadoneghe; un’opera dal valore artistico straordinario che il professore aveva scoperto e restaurato circa cinquant’anni fa.
Dalla fine dell’intervento Lazzarin non aveva più incontrato il capolavoro trecentesco, ed è stato davvero toccante il momento in cui si è avvicinato al trittico dopo tanto tempo. All’inizio egli non riusciva a parlare dall’emozione, ma poi ha dato vita ad una serie di ricordi sulle condizioni disastrose in cui la preziosa tavola versava, dimenticata da tutti in un armadio-vetrinetta confinato nella sagrestia della chiesa alla periferia di Padova, e di come, attraverso il restauro, cominciasse pian piano a risplendere il fondo oro e la straordinaria figura di Cristo.
E mentre le sue parole incantavano il pubblico, gli occhi (nel momento in cui i numerosi presenti hanno voluto tributargli un caloroso applauso), per un istante hanno brillato dalla commozione. (diego mazzetto)