Gb, la crisi finanziaria blocca i consumi


In Gran Bretagna l'emergenza dei mutui subprime si sta espandendo all'economia reale, con un freno alle vendite, a pochi mesi dal natale. A risentirne saranno tutti i prodotti "superflui". Il Regno Unito come ben sappiamo è uno dei Paesi piu' ricchi al mondo, eppure in questo particolare momento la sua economia è sottoposta a uno stress senza precedenti. La crisi finanziaria sta investendo l'intero pianeta, ma la situazione è peggiore qui, perché qui (oltreché negli Usa) è iniziata la crisi del credito che ha dato il via all'attuale situazione di difficoltà a livello mondiale. A poco più di un anno dallo scoppio del problema, tuttavia, le autorità britanniche sembrano oggettivamente essere quelle più lucide: i provvedimenti tempestivi e massicci adottati da governo e dalle autorità monetarie sono finora migliori sia dal punto di vista finanziario che da quello economico. Certamente il momento è critico, ma la ricetta adottata sembra in grado di evitare le conseguenze peggiori. Le autorità hanno infatti deciso di aiutare in modo massiccio le banche e le assicurazioni in difficoltà senza sperperare prezioso denaro pubblico. In quest'ottica va visto il provvedimento secondo il quale l'aiuto agli istituti di credito in difficoltà verrà fornito sotto forma di aumento di capitale fatto direttamente dallo Stato, che in questo modo oltre a fornire capitali freschi per garantire la sopravvivenza diventa azionista con pieno diritto di voto. Il confronto con i provvedimenti adottati in altri Paesi è impietoso ed evidenzia l'inefficacia e l'incapacità di mirare ad una stabilità di medio e lungo termine di altre autorità : gli Stati Uniti, per esempio, dove il governo si fa carico dei titoli che non hanno più valore comprandoli direttamente dalle banche, o l’Italia, dove i provvedimenti sono simili a quelli inglesi, ma dove lo Stato partecipando all’aumento di capitale diventa azionista senza diritto di voto... Insomma, le autorità inglesi sembrano aver gestito la situazione al meglio, guardando alla sicurezza del sistema ma anche a non configurare gli aiuti come spese a fondo perso, che sarebbero dannose per i conti pubblici senza avere nessun ritorno. In questa situazione, i dati dell’Office of National Statistics mostrano che nel 2007 il Pil del Regno Unito è aumentato del 3,1% nonostante il rallentamento registrato nell’ultimo trimestre a causa proprio della crisi del credito (esplosa nel corso dell’estate). E il dato ancora più positivo è che la crescita ha interessato i principali settori produttivi, dai servizi finanziari alla grande distribuzione, e dal settore delle costruzioni all’industria manifatturiera. Rallentano invece i consumi, che continuano a crescere anche se con un tasso molto inferiore alla crescita del Pil, mentre gli investimenti privati rimangono bassi (ma questo è un dato fisiologico per l’Inghilterra). Questi però sono i dati del 2007, ed è scontato che peggioreranno nel 2008 a causa soprattutto dell’impatto delle turbolenze finanziarie internazionali e del rallentamento dell’economia americana. Nel primo trimestre del 2008 il Pil del Regno Unito è cresciuto dello 0,4%, dato che indica una crescita annua in termini tendenziali pari al 2,5%. Le stime di crescita del Governo si collocano tra l’1,75% ed il 2,5% per l’intero 2008 e tra il 2,5% ed il 3% per i successivi due anni, mentre le previsioni del Fondo Monetario sono significativamente più prudenti (1,6% nel 2008 e sostanziale conferma di tale tasso nel 2009). Ma a questo proposito va detto che ad oggi le stime continuano ad essere riviste al ribasso perché ormai è chiaro che la recessione è iniziata; pertanto le stime lasciano un po’ il tempo che trovano in casi come questi. Nel 2008 è previsto quindi un calo significativo del ritmo di crescita dovuto realisticamente a un minore aumento dei consumi, dettato anche da un livello di indebitamento privato molto elevato che esercita un effetto limitante sul reddito disponibile delle famiglie. Oltre ovviamente a un forte calo del mercato immobiliare. La spesa pubblica, altra variabile macroeconomica molto importante, rimane ancora su livelli elevati, anche se nel 2008 dovrebbe rallentare (salvo il rispetto dei programmi legati alle Olimpiadi di Londra del 2012). Complessivamente comunque i conti pubblici sono solidi: nel 2007 il deficit è stato pari a circa il 2,9% del Pil, e le stime per il 2008 parlano di un 3,4%; quindi al di fuori del Patto di Stabilità dell’Unione Europea, ma non sembra essere un problema insormontabile, vista la situazione straordinaria che stanno vivendo le economie mondiali. E lo stesso discorso vale per il debito pubblico, che nel 2007 si è fermato al 39,3% del Pil, ma che si prevede in aumento sia per il 2008 che per il 2009, rispettivamente al 40,9% e al 41,8% del Pil. E se è inutile guardare i tassi d’interesse e il tasso di cambio in un momento come questo perché i valori sono in continuo cambiamento e quindi è impossibile fare un’analisi efficace della situazione (si può dire solo che tendenzialmente i tassi sono al ribasso per dare un po’ di respiro all’economia e che il tasso di cambio sta recuperando sul dollaro), merita un discorso a parte l’inflazione. Nonostante infatti i rincari dei mesi scorsi per le materie prime e i generi alimentari, nel 2007 l’inflazione è cresciuta in linea con i programmi delle autorità , cioè del 2%; per il 2008 invece, visti i dati relativi ai primi mesi dell’anno, si parla di un incremento dell’indice dei prezzi al consumo del 3% circa su base annua. La disoccupazione infine, dopo avere raggiunto nel 2005 il livello più basso degli ultimi 30 anni con appena il 4,7%, è cresciuto progressivamente fino al 5,3% di fine 2007. (Maurizio De Pra)
P.I. 03751060280
Design and Power by essepunto